Per me la fine dell’estate prende corpo con un’azione precisa: quando tolgo la cavigliera. Non importa se continua a far caldo, a splendere il sole, se le brezze leggere mi sfiorano la pelle. No.
Spogliarsi di quell’oggetto rappresenta la possibilità che debba indossare da subito, dal giorno dopo, dalla settimana seguente, le scarpe chiuse. Inevitabile gesto, dal momento che continuare a indossare quel simbolo di libertà significa procurarmi un fastidio che, nei mesi estivi, non esiste.
Ho avuto molte, moltissime cavigliere nel corso degli anni: la prima era una collana d’oro sottile che giravo più volte intorno alla caviglia. Le ho sempre avute semplici, senza ciondoli e fronzoli, quelli che rischiano sempre di impigliarsi a qualcosa: non voglio avere brutte sorprese. L’ultima, quella che ho tenuto anche quest’anno, l’ho comprata a Strasburgo ed è composta da tanti cuoricini. Non amo molto i “cuori”, a meno che non siano rossi e sfacciati, quelli piccoli li trovo più adatti alle ragazzine, a chi ha ancora molta strada da percorrere, ma con quell’acquisto ho fatto uno strappo alla regola.
Avevo rotto ben due cavigliere quell’ultima vacanza in Alsazia, così sono entrata in un negozio vicino a piazza Gutenberg e ho cercato qualcosa di semplice e robusto.
L’ho riposta in una scatola una settimana fa, mentre ancora c’è chi si trova in vacanza al mare o in montagna, in attesa che le foglie da verdi diventino gialle e rosso sangue.
Non gioco d’anticipo, non accolgo Mabon con tutta me stessa, ma seguo le mie correnti del mio corpo, i semi che sto piantando nell’oscurità che deve arrivare. Altro non c’è.
Aspetto la nuova estate.
E voi avete un rito personale per accogliere la stagione del buio?